Friday, May 26, 2006

Chi lo sa dove sta il torto?

Ho dovuto cambiare quello che c'era fuori, per far accettare quello che c'era dentro.
Adesso ci sono molte persone che mi apprezzano.
Ero fiera di me per questo.
Sono fiera di me per questo.

Poi, un giorno, è arrivato un tale, un uomo che non voleva crescere, e mi ha detto di starci attenta, perché così facendo stavo trasformando me stessa e non sarei più riuscita a tornare indietro, a ritrovarmi, sarei finita come lui. Ha detto che cercava di salvarsi e voleva farlo assieme a me.

Oh, come sono stata presuntuosa...

L'ho deriso, gli ho detto che a me non interessava, che sapevo benissimo chi ero, che mi ero impegnata a creare ciò che apparivo e che ne ero fiera e volevo tenermelo.

L'ho amato, l'ho molto amato, perché era simile a me. Lo vedevo piangere in fondo al suo cuore. Ho desiderato salvarlo, quanto l'ho desiderato! Tuttavia non sono stata in grado di accettare il compromesso: me per lui. Non potevo perdere tutto quello che avevo costruito con tanto dolore e sono scappata.

Ho richiuso la mia bella bambina nella torre. L'ho lasciata lì a piangere un po', l'ho viziata in altri modi, finché si è rassegnata alla mancanza.

Ma, un giorno, è arrivato un bambino. Lui era proprio un bambino, che fingeva di essere un ragazzo, e quasi quasi ci ero cascata. Era diverso da noi. Era un tutt'uno. Cercava disperatamente qualcuno a cui mostrarsi, a cui dare la propria fiducia, con l'ingenuita di chi è senza paura, con la temerarietà di chi è innocente e non sa nemmeno cosa siano colpa e perdono.

Ha parlato.
A me, che avevo tanto facilmente comprato la sua fiducia.
A me, che mi ero divertita a vedere quanto sarebbe stato facile irretirlo e farmi dire ciò che volevo sentirmi dire.
A me, che non avevo alcun interesse per lui, a parte una sorta di tenerezza ancestrale.
A me, che ero stata mandata. Ero stata assoldata da qualcun altro per forzare il suo cuore e guardarci dentro impietosamente, come un macellaio, per poi riferirne i segreti, affinché potessero essere usati contro di lui, per controllarlo, per possederlo.

Arrivato il giorno della rivelazione definitiva, il giorno che avrebbe visto la tempestiva realizzazzione della mia missione, precipitai nell'abisso. Quel bambino ebbe la capacità di farmi perdere.

Parlò.
Parlò e mi disse che ero quella che apparivo, che mi vedeva come io volevo che mi vedesse. Diede conferma alla mia bravura con la sua ingenuità.
Parlò e disse che per lui questo non aveva importanza. Disse che amava. Amava così, senza vedere. Amava e basta, senza sapere cosa c'era dentro, senza che gli importasse cosa c'era fuori. Amava, ma non me. Parlò e disse che io ero bella, che io ero quasi perfetta, ma non gli importava, perché non era quello che gli interessava.

Il mio mondo crollò. La mia missione tanto semplice e innocua, si era trasformata in una prigione inespugabile. Non avevo via d'uscita e ogni secondo che passava desideravo sempre più che lui fosse mio. Non ho potuto fuggire, imprigionata com'ero tra il mandante, che non potevo e non volevo deludere, e l'obbiettivo del mandante.

Così alla fine, desiderando la preda per me e soffrendo come non mai, ho rivolto il ferro indietro. Ho usato la preda stessa, che era sempre stata nelle mie mani, l'ho fatta colpire e uccidere e l'ho tenuta per me.
Ho vinto.
Ho vinto e ho dimostrato senza gloria che la maschera ha il potere, che sono l'apparenza e il controllo a trionfare. Ho dimostrato che ogni altra cosa è debole.
Ho vinto, calpestando ancora una volta la mia speranza.

Poco dopo ho scoperto che ciò che la preda-bambino mi aveva detto era vuoto. Si era accorto che d'improvviso avevo cominciato a guardarlo, ad interessarmi a lui, proprio adesso che cercava un'altra, e dato che il suo primo interesse ero stata io, per ripicca aveva deciso di punirmi: la ben nota cattiveria dei bambini.

Ho saputo così che lui non era affatto diverso. La maschera aveva vinto sin dall'inizio. Non c'era mai stato nulla e ciò che aveva portato il caos nel mio mondo non era che un accozzaglia di parole, gonfiate apposta. Lui non vedeva al di là, io non avevo compiuto alcuna vittoria.

Non sarebbe mai stato capace di amare la vera "me".

Per questo ho tentennato così tanto quando il tale che non vuole crescere è tornato a dirmi che mi piaceva tanto il mio bel bambino, ma poco sarebbe durata, perché non appena avesse perso la sua innocenza, non appena avesse perso la sua ingenuità, non appena io l'avessi sporcato sarebbe stata la fine dei giochi. Quando è venuto a dirmi: "Noi siamo simili, noi siamo il Male"..."Lo distruggerai e soffrirai"..."Fidati di me, io lo so. Perché non vuoi fidarti di me?"..."Perché continui a temermi?"..."Gli opposti si attraggono, ma non si piacciono..." Quando è venuto a piangere sulle mie gionocchia, a dirmi che lui voleva provarci, davvero, che mi voleva bene.

Tuttavia oramai ero stata incastrata, non potevo rinunciare al mio bel bambino. Piegata al sistema, non volevo più soffrire, ed ero così stanca. Ho scelto e la mia scelta è stata in linea con ciò che sono. Almeno così spero di anestetizzare il mio cuore. In fin dei conti, ho avuto quello che volevo e dimostrato ciò che avevo necessità di dimostrare.

Ho dimostrato che ciò che ho costruito, ciò che ho deciso di dover essere, è invincibile.
Ho dimostrato che la speranza è inutile e che ciò che c'é al di là dello specchio è secondario.
Ho dimostrato che la Torre non deve cadere e spalancarne la porta è quanto di più sbagliato si possa fare.
...e la mia bimba tornerà a farsi abbracciare dalla notte.

Tuesday, May 23, 2006

Autodafé (in onore e merito)

Dopo tutto quello che ho passato per essere apprezzata, come posso rischiare di perdere tutto? Questo penso.
Sono orribile, davvero.
E pensare che c'é stato un tempo in cui credevo che bisognasse essere apprezzati per quello che si era dentro, per quello che c'era al di là. Un tempo in cui i vestiti non contavano, né le parole. Ne ero convinta, davvero. Pensavo che sarebbe arrivata una persona, me ne bastava una sola, e mi avrebbe riconosciuta.
Ho aspettato...
Ho aspettato...
...E ho aspettato.
Mentre perdevo la fiducia sempre un po' di più.
Ho capito che chiudersi era una difesa, che le persone non servivano, che nessuno sarebbe arrivato, che io non lo meritavo, perché ero brutta e qualunque cosa avessi detto sarebbe stata considerata stupida. Ho capito che tanto valeva passare direttamente per stupida.

E' arrivata quella persona.
Era una donna.
E mi ha detto che ero bella e che bastava cambiare un po' i vestiti e l'aspetto per piacere agli altri, che all'inizio nessuno ti guarda per quello che hai dentro, solo dopo lo fa.
Adesso sono molto diversa.

Però dentro di me vive ancora quella bambina. Quella che piange e pensa di essere brutta e pensa che nessuno possa amarla davvero, ma desidera un mondo di favole. Per questo la tengo chiusa laggiù.

Non voglio che veda.

Non voglio che veda qual'è la verità.

Fissazioni grafiche

Niente batte sotto il sole. Niente anima la mia giornata. Solo la solita afa, fuori e dentro di me.
Però stavolta ho delle foto da mostrare.
Posso mostrare il nemico.
Resta da vedere quando lo farò.

In verità io non sono che un mostro. Un essere disgustoso che ha vissuto la sua vita, cercando di abbandonare il regno di emarginazione di cui faceva parte. Sono una persona che rinnegava con tutte le sue forze quegli ideali estetico-sociali che la mettevano sotto giudizio, rendendola sbagliata, imperfetta, aberrante, ma ha finito col farli propri. Forse mi sono sempre appartenuti e al contempo li ho sempre rinnegati, per questo mi disgusto. Lo facevo allora e lo faccio adesso. Dio mio, sono orribile.

Ora dentro di me sono orribile. Ciò che era fuori adesso è dentro.

Wednesday, May 17, 2006

La prima porta (ovvero la rivelazione)

Normalità, chiacchiere.

Senza successione di continuità. "...C'é **** fuori dalla porta". "C'é **** dentro la porta".

Merda. Bestemmia trattenuta.

Voce conosciuta. Riconosciuta.

Chiacchiere, anormalità, ansia.

Vista: lui.

Ecco, il momento. Prima o poi doveva capitare. In fin dei conti non è successo nulla.

Tuesday, May 16, 2006

Il secondo segno (ovvero la Paralisi indotta)

Bar: esterno, giorno.
Due seduti ad un tavolo. Lei beve una birra, lui le parla del più e del meno.

Stasi.

"Guarda, ma quello è ****."
"Cosa? Ma no..."
"Sì, ne sono sicuro. E' lui. E' inconfondibile."
"No...e ci ha visto? No, vero?"
"Sì, ci ha visto."

Lei si accende una sigaretta. "Mondo...perché mi fai questo...?" Parla tra sé e sé.

"Fumi ancora?"
"Lui mi fa paura. Mi viene l'ansia quando lo vedo..."
"Sarà perché ti piace troppo."
"Ma no..." Silenzio. "E' brutto."
"Sì, brutto forte! Con quelle orecchie!"
Silenzio. "...E i denti..."

Insulti da parte di lui, nei confronti dell'altro. Lei si lascia ricadere sul tavolo, rivanga il tempo in cui usciva con l'altro. Dopo poco cambia argomento e continua a bere. Lui cerca di tirarla su.

Fine

Tzé, le pulsioni e il cuore se ne sbattono dei denti. Però le scelte sono scelte. Non si torna indietro. Tanto più se si tratta di un capriccio. Stupida bambina incontentabile.

Thursday, May 11, 2006

Il primo segno (ovvero l'Anticristo)

La miglior arma è sempre l'indifferenza.
Tuttavia a volte in passato si è rivelata un'arma a doppio taglio.
Perché convince le persone di essere poco importanti, le fa persuadere di essere ininfluenti.

Ho sentito irrefrenabile il desiderio di inseguirlo, correre e correre, il più veloce possibile, e fermarlo.

Sono rimasta immobile.

Chiedendo - ma era lui? Era davvero lui? Qui davanti? E da che parte è andato? - con aria pensierosa.

Ancora lo chiederei - da che parte è andato? -, per provare ad inseguirlo, sapendo che non lo troverò.
Desiderando che ci sia e sperando il contrario.

Ho fatto la cosa giusta? Era davvero la cosa giusta? E' davvero la cosa giusta?

Desidero rivederlo ed è la cosa che più temo.

Si è preso gioco di me a lungo, lo so, ha deciso di ravvivare il suo interesse, il suo desiderio per me, quando ha capito che ero io ad essere più vulnerabile, che ero quello che faceva al caso suo. Fino ad un attimo prima lui si teneva nascosto nel suo mantello di ipocrisie ed aculei. Fino ad un attimo prima ci temevamo e ci fiutavamo, lui era il cacciatore ed io la preda, ma per lui era il contrario, fingeva di essere carnefice e si sentiva vittima.

Sono fuggita.
Il più lontano, il più veloce possibile.

Wednesday, May 10, 2006

Essere o non essere

Forse adesso sono felice o forse no.
Forse mi sto divertendo o forse annoiando.
Almeno c'é il dubbio.
Di solito non c'é...è gia qualcosa, forse.

Friday, May 05, 2006

Di nuovo questo problema.

La sua è la perversione di una volontà che vuole l’oggetto, ma non la via che vi conduce e insieme desidera e sbarra la strada al suo desiderio.Agamben (riferendosi alla”tristitia” dell’uomo medievale)

Ce l'avrò sempre?Perché penso ancora a lui?
Eppure non lo voglio...O forse sì...
Almeno non come vorrebbe lui...O forse sì...

Insofferenza

La luce è pazzia.