Wednesday, June 21, 2006

Esito o esitazione?

D’altro canto nessuno è come appare, né come vuole apparire.
La perfezione non esiste.

Attenta, l'immagine brucia!

Perdonami, se ti assillo, me.
Potrebbe essere che questo sia il naturale decorso dell’amore:
si spegne poco a poco ed alla fine resta un forte affetto.
È così?
Ho il sospetto che non lo sia.
Continuo a pensare di aver preso un abbaglio.
La verità è che l’ho sopravvalutato.
L’ho creduto una persona buona e sincera, in grado di fare qualunque cosa per le persone cui vuole bene, una persona in grado di amare candidamente, in un modo a me sconosciuto. A questo si è aggiunto un lato crudele e vendicativo, che gli dava un tocco di passionalità. Infine una vena di tristezza e solitudine, pur se a fare da sfondo, lo rendeva una rarità, persino di indole assai sensibile.
La prima verità, base della mia inclinazione, è caduta quando il “pah”, il suo amore candido e puro, si è rivelato un artifizio retorico, per definire una semplice attrazione, distrutta in un batter di ciglia dalla maschera. Il cui trionfo era addirittura stato anteriore. È rimasto un cumulo di macerie sconosciute, menzogna, dopo menzogna.
La seconda è caduta di fronte al suo, vero o falso che sia, servilismo nei confronti dei genitori, associato alla sua totale mancanza di premura nei confronti delle esigenze altrui ed al suo opportunistico ignorarle di fronte ai propri interessi. Per questo allora ho pianto così spesso; mi sembrò mancare totalmente di sensibilità.
La terza verità ha preso la forma di una falsa solitudine, in larga misura scelta personale, la cui causa è riscontrabile in una scarsità di argomenti e nella mancanza della volontà di ampliarli. Non solo, la sua fragilità si è rivelata la prima scappatoia plausibile di fronte ad un qualsiasi ostacolo, ciò che si può chiamare patetismo nell’uomo e vittimismo nella donna. (Anch’io ne sono soggetta e mi do fastidio per questo).
Questa è la fregatura nello scegliere sull’onda della prima impressione.
Soprattutto se si tratta di un’impressione che il soggetto cercava di infondere in qualcun'altra.
Indubbiamente ho preso un abbaglio.
E come consuetudine dei miei schemi mentali, me ne accorgo solo ora che non ho più bisogno di dimostrare a nessuno di aver fatto la scelta giusta.
Tanto tu lo saprai già, comunque sia, grazie.
Ultimamente ti ho persa un po’,
ma ti sto cercando,
perché mi manchi.
Ricorda sempre, che in fondo ti voglio bene.

Sentieri sterrati

Orario record, forse: 3.50.
Di nuovo il Passato Pericolo potrebbe essere un passo avanti a me, con ciò che mi disse, mesi fa.
Tuttavia mi resta un dubbio a riguardo.
Io dovrei aver sporcato il mio prezioso e candido giocattolo.
In verità il mio dubbio persiste.
Sì, era puro e l’ho sporcato ed ora non mi piace più come prima.
Ma per quanta parte la colpa è mia?
Era davvero così candido?
Era davvero come lo credevo?
Non ho invero preso un abbaglio?
Ecco, due passi avanti a me, preciso.
Per questo la previsione è stata: te ne stancherai e lo farai soffrire.
Come potrei farlo soffrire se pensassi di essere nel torto?
Ed il dolore, l’esperienza?
Tre passi: “hai scelto l’unico uomo che non ti lascerà mai”.

Rifletti e rifletti notte

Ho un timore.
La mia razionalità poco alla volta è tornata a posto.
Persino la bimba si è placata e si sta spegnendo poco a poco.
Con una nuova consapevolezza e lucidità ho staccato gli ultimi poster mentali, terrò solo il ricordo della persona che ho amato; l’angelo puro e l’angelo triste che avevano colpito così ferocemente la mia barriera, tanto da riuscire ad impressionarne la prigioniera. Il censore glieli aveva concessi in dono, ma la confezione è risultata ingannevole, tanto che ella non ha più avuto stimoli ed è ritornata alla sua malinconica apatia, più grigia che mai.
Quando tutto è tornato sotto controllo, il fervore si è spento.
Oramai restano la cenere e il tepore di un salotto familiare.
Ed io temo di essere tornata la mamma.

Monday, June 19, 2006

Planimetrie instabili

Quasi tutto con lui si è reso sterile.
Dormirei in sua presenza, nient’altro.
Lo trovo un po’ triste.
Mi rendo conto di essere una persona grigia.
O perlomeno di esserlo diventata.
Esattamente come si definiva lui.
Difendo la mia teoria, difendo la mia scelta e difendo me stessa, ma in fin dei conti che cosa resta al di là dell’ostinazione e dell’abitudine?
Mio Dio, forse era vero. Forse l’unica cosa è bruciare, l’unica possibilità di essere vivi, di godere davvero, di toccare la felicità. L’unica via è quella che passa anche attraverso il dolore feroce.
Mi sento priva di slanci.
Priva di aspettative.
Mi sento priva di me.
Dove sono?
Dove mi sono persa?
Dove sono stata abbandonata?

E in verità piango per me.
Perché, come al solito, ci sono arrivata un attimo dopo. Un attimo dopo di lui, che l’aveva persino previsto dall’inizio. Non è un’influenza, per quanto io sia influenzabile, questa cosa ingolfa da un po’ il motore della mio cervello. Anestetizzato fino alla nausea, sono arrivata al punto di trasformare ogni suo impulso in pura ostinazione, in una macchina.

Perché in qualche tempo il mio motore guida era ripartito, si era ricostruito, con una piccola modifica. Non potendo arrendersi e non potendo neppure ostinarsi nel torto, pur di recuperare la sua ragione, ha fatto un'aggiunta. L’ha aggiunto lì accanto, su una delle pareti interne, come parte della planimetria.
Ci può rinunciare?
Certo, può.
Ma la bambina? La bambina può rinunciare al suo unico giocattolo?
L’unico concessole, autorizzato dal guardiano.
No, non può.
Griderebbe e piangerebbe, farebbe troppo rumore ed il guardiano è stanco di sentire rumore e lamentele. Quello le ha dato e di quello si deve accontentare; in cambio non glielo toglierà. Perché sa che lei senza non riuscirebbe a stare.
E con questo ricatto la sta uccidendo poco a poco, la sta trasformando nell’immagine sbiadita sulla parete ben organizzata, la sta rendendo parte dell’ordine. È perchè quell’immagine è cambiata come uno specchio deformante, il bambino che piaceva tanto alla bambina non c’è più, è sparito, il suo riflesso è rimasto vuoto ed inutile. Ciò che lei vede, non è ciò che vedeva allora.
È così che la stanno uccidendo.
Lei era libera nella sua prigione.
Paradossale, ma vero.
Era libera di fare qualunque cosa all’interno.
Era libera di sognare, piangere, ridere, gridare.
Era libera di restare sé stessa.
Ed era per farla rimanere tale che veniva rinchiusa, per essere protetta.
Ma nella prigione è entrata una parte della legge, una parte del piano.
E’ stato concesso l’ingresso di un esemplare sotto sorveglianza.

Ora lei si sta spegnendo.

È stato uno sbaglio.
La mente se ne sta pentendo.
Vuole riportarla come prima, ma non sa come.
L’unico modo sarebbe far scomparire l’immagine dalla planimetria, separarla dal piano o almeno fingere di separarla da esso.
Farlo scomparire da tutto è impossibile, perché lei non vuole.
La mente dovrebbe rinnegarlo, ma come può?
In effetti in parte ci riesce.
L’ha già fatto una volta, dovrebbe farlo definitivamente. Deve farlo scomparire dal piano e far uscire la sua immagine dalla prigione, per farla entrare solo ogni tanto. Così che lei possa averlo, senza diventare grigia, senza cambiare, senza perdersi nella monotonia. Questo è l’unico sistema, prima che la bambina cominci ad odiarlo; deve salvare lei e salvare lui.

Wednesday, June 07, 2006

Risoluzioni interiori

Avevo intenzione di fare un nuovo post con quello che è successo, perché come volevasi dimostrare era solo l'inizio, ma non mi va di parlarne.
Comunque sia ha chiamato, oramai più di una volta.
E ha scritto un e-mail che ora mi appresto a leggere.

Questa volta non mi lascerò trasportare dalla corrente.
Non cadrò preda dei flutti.
Questa volta sarà lui a perdersi, non io.
Non io.
Ho ritrovato il mio Guardiano.
E' ritornato al suo posto.
Ci ho messo mesi a riportare la quiete iniziale.

Non la perderò di nuovo.